Berlinomania

A dicembre saranno due anni che non vado a Berlino. E questo per me è grave, gravissimo. 

Berlino, per quanto riguarda l’extra Italia, è la mia città del cuore. Tra noi è stato amore a prima vista: mi sono bastati pochi giorni per decidere che sarebbe stata la città straniera n. 1 nella mia top five dei posti dove vivrei. 

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Che poi, nella mia classifica, si distacca dalle altre di un bel po’. E questo perché, a mio avviso, non c’è nessun’altra città che neanche lontanamente le somigli. Berlino è unica, felicemente imparagonabile. Il bello è che è difficile spiegare perché mi ci trasferirei domani. Non c’è un motivo unico, è un insieme di sensazioni, forse anche un po’ fanciullesche se vogliamo, che proverò a razionalizzare in questo post.

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Innanzitutto, il fascino di Berlino non ha niente a che vedere con la magnificenza di capitali come Roma, Parigi o Madrid ma va oltre. Questo perché la bellezza di Berlino non è da ricercare solo tra i monumenti, ma per le strade, sui volti della gente, tra i colori sui muri di Kreuzberg, nella storia che si racconta in ogni angolo della città, dal centro alla periferia. Ricordo che la prima volta che ci andai mi colpì proprio questo: il peso che la storia ha sul presente della città. I berlinesi hanno saputo fare di ogni magagna del passato un museo, un memoriale, un monumento. E che sia fatto per guadagnarci o che sia fatto per riscattarsi da un Novecento doloroso non importa: il risultato è che chi va a Berlino per la prima, la seconda o la duecentesima volta si ritrova davanti agli occhi un infinito museo a cielo aperto. Vige l’imbarazzo della scelta tra le cose da vedere; per avere un quadro più o meno completo bisognerebbe fermarsi lì almeno un mese.

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A Berlino non si va per innamorarsi per maestosità come la tour Eiffel, la Moschea Blu o San Pietro; a Berlino bisogna andarci per respirare. Respirare innovazione, cultura e multiculture, differenze, arte, storia, colore. Capacità di reinventarsi. Creatività. Divertimento. Voglia di vivere la città a quattro stagioni e di renderla sempre più a dimensione umana. Berlino ti dà l’impressione che ogni idea possa essere realizzata, che ogni progetto possa andare in porto, che ognuno possa trovare un suo spazio, unico e diverso dallo spazio di tutti gli altri.

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A livello culturale, a Berlino c’è posto per tutti i gusti, sia di giorno e sia di notte. Inutile dire che, per quello che finora ho visto io della Germania, rappresenti un mondo a parte rispetto al resto del paese.

E nonostante l’abbia girata parecchio ho ancora una lista infinita di cose da vedere: dalla reggia di Charlottenburg allo Spandau, dalle spiagge del Wannsee al verde di Britz, fino alla scoperta di luoghi abbandonati rinati come patria di streetartist e posti di ritrovo della gioventù locale. Perché, a Berlino, i luoghi non si perdono (o non del tutto), hanno sempre una seconda possibilità.

Insomma, la meraviglia di Berlino è una questione di atmosfera, più che di bellezza oggettiva. Un’atmosfera che ti suggerisce quanto questa città sia fantastica da vivere (o, perlomeno, è quello che suggerisce a me).

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Detto questo, ci tengo a specificare che la “Berlino dei balocchi” di cui parlo in questo post è una città vista unicamente con gli occhi della turista, non ci ho mai vissuto. Mi piacerebbe tanto che chi mi leggesse mi raccontasse che Berlino è proprio come la vedo io anche vivendoci 365 giorni l’anno.

Conosco italiani che hanno fatto la scelta di trasferirsi lì e ne sono felici, altri che ci trascorrono volentieri solo alcuni mesi ogni anno e altri che, invece, non se la passano benissimo. Le difficoltà del trasferimento all’estero esistono un po’ ovunque. Tuttavia, io un tentativo lo avrei fatto molto volentieri… Non è che per caso sono ancora in tempo??

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